VENERDI' SANTO - Processione del Cristo Morto

La processione del Cristo Morto che si svolge il Venerdì Santo rappresenta per Vallata quel momento magico di incontro tra religiosità e tradizione che, oltre a non essere ignorato dalla moderna realtà vallatese, è vissuto nel suo aspetto più mistico.
Assistere al passaggio di una processione oggi non incute più quel rispetto doveroso verso il Santo, ma il passaggio della bara con la statua del Cristo Morto sì, e lo si vede da come con quanta devozione la gente si prostra.
La tradizione vuole che i giovani si vestano da soldato romano in costume da "littore" o da "centurione", sfidando i rigori di una primavera che quasi sempre tarda a venire in un paese di 870 m/slm., come prova di iniziazione attraverso l'esibizione fisica. Per questi giovani, la maggior parte ancora imberbe, che cominciano ad affacciarsi alla vita adulta, indossare una corazza e sfilare tra la folla che assiste al lento procedere della processione, rappresenta una ooccasione per denunciare la propria esistenza alla comunità.
Fino a qualche anno fa c'era la corsa a suon di soldi (precedentemente a sacchi di grano) per portare la statua del Cristo e lo stendardo dell'Aquila Romana. Nota caratteristica era appunto l'asta pubblica che si accendeva per portare l'aquila, rappresentando per i giovani il ruolo più ambito della rappresentazione; essa è il simbolo della potenza di Roma imperiale.
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Oltre ai simboli del potere romano, sfilano i cosiddetti "Misteri", oggetti simbolici e tele settecentesche di antica fattura, rappresentanti le scene della vita e della morte di Cristo, con frasi del racconto evangelico di S. Giovanni.



Animano la processione due consistenti "Squadroni”, uno dei piccoli e uno dei grandi, formati da giovani del paese con armatura romana al completo, preceduti, il piccolo squadrone, dall’ Aquila Romana con due alabardieri e dalla guida e, il grande, da Cesare Imperatore con Lictores, capo squadrone e Pilato. 
Partecipano alla Processione circa 150 figuranti. Il passo di tutti è cadenzato dal ritmo caratteristico di tromba e tamburo, che contribuisce a creare un ambiente di commossa riflessione. 

Tale meditazione è ulteriormente sollecitata da alcuni “Cantori”. Questi sono suddivisi per squadre che sfilano ben distanziate le une dalle altre. Ogni squadra, formata dai migliori vocalisti locali, si ricostituisce annualmente con gli stessi elementi , perché tra loro è intervenuta quell'intesa vocale che di anno in anno viene ripresa con prove che effettuano con l'ausilio del buon vino locale che concorre a schiarire la voce. 
Essi cantano i versi della "Passione di Gesù Cristo" di Pietro Metastasio, che il poeta compose nel secondo periodo della sua vasta produzione e cioè tra il 1730 ed il 1740, periodo caratterizzato da un melodramma ispirato a sincera devozione e slancio mistico. I versi, per la loro scarsissima diffusione letteraria, sono stati per anni tramandati oralmente o attraverso incerti scritti; per cui avevano preso un forte accento dialettale risultando addirittura incomprensibili.
Tuttavia, le suggestioni della musicalità, della gestualità e dei vocalismi riescono a creare un indiscutibile e meraviglioso effetto. 

Chiudono la processione il feretro del Cristo Morto, accompagnato dai medici del paese e la statua della Addolorata circondata da bambine con bandierine listate a lutto. 
L'Addolorata è portata a spalle da giovani donne vestite a lutto ed è preceduta dal suo cuore trafitto di spade e dai cuscini delle offerte.
La manifestazione religiosa si conclude con un prolisso panegirico; per il quale, in tempi più remoti, venivano chiamati illustri oratori religiosi, che per l'occasione non perdevano l'opportunità di accompagnare il sermone con delle vere e proprie reprimende contro i peccati e contro il malcostume.

- Testo tratto dal sito "Pluricentenaria processione del Venerdì Santo - Vallata (AV)" e rielaborato dal dott. Francesco Stanzione.
- Foto a cura di Simone Valitutto.


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